Tra l’aprile e il giugno del 1994, si stima che quasi 1 milione di persone furono sistematicamente uccise in circa 100 giorni. Questo genocidio, durante una delle guerre civili più orribili della storia, ebbe un impatto terribile nella storia del Ruanda, lasciato circa 810.000 bambini orfani.
In Ruanda, quasi 1 bambino su 10 bambini muore prima di aver compiuto 5 anni, in gran parte per cause e malattie facilmente prevenibili come polmonite, malaria, diarrea e malnutrizione cronica.
Nonostante questo, negli ultimi anni, il Ruanda ha sperimentato buoni progressi nella cura dei bambini, grazie a campagna di prevenzione contro la malaria a livello nazionale. Nel 2009 venne introdotto un vaccino che protegge i bambini dai batteri che causano la polmonite.
La maggior parte dei ruandesi che fuggirono nei Paesi vicini per scampare al genocidio ha fatto ritorno in Ruanda, mentre alcune migliaia continuano a vivere in Repubblica Democratica del Congo (RDC). Alcuni di questi rifugiati si unirono a una guerriglia denominata M23, in gran parte composta da minoranza tutsi.
L’M23 è responsabile di crimini di guerra in Congo, con atti di violenza tra cui esecuzioni sommarie, stupri e reclutamento forzato di bambini. Nel 2013, le Nazioni Unite accusarono il governo ruandese di fornire armi all’M23, ma le autorità nazionali hanno sempre negato il loro coinvolgimento.
Il Ruanda è Paese di partenza, transito e destinazione di donne e bambini vittime del traffico di esseri umani e di sfruttamento sessuale. Molte ragazze ruandesi sono costrette a prostituirsi sotto minacce di organizzazioni criminali.
Nel 1959, 3 anni prima di ottenere l’indipendenza dal Belgio, l’etnia Hutu rovesciò le autorità rivali di etnia Tutsi. Nel corso degli anni, migliaia di tutsi furono uccisi e circa 150.000 furono esiliati nei Paesi confinanti. I figli di questi esuli formarono un gruppo di ribelli, il Fronte patriottico ruandese (RPF) e iniziò una guerra civile nel 1990.
La guerra, insieme a diversi sconvolgimenti politici ed economici, aggravò le tensioni etniche, concludendosi con il terribile genocidio del Ruanda nel 1994: oltre 800.000 tutsi e hutu moderati furono uccisi tra i mesi di aprile e giugno.
Nel luglio 1994 i ribelli tutsi riuscirono a rovesciare il regime Hutu e fermare le violenze. Circa 2 milioni di rifugiati fuggirono nei paesi vicini: da allora, la maggior parte di ha fatto ritorno in Ruanda, ma circa 10.000 continuano a vivere nella vicina Repubblica Democratica del Congo.
Nel 2001, con oltre 120.000 ruandesi in carcere e nessun regolare sistema giudiziario (la maggior parte degli avvocati e dei giudici furono uccisi o fuggirono durante il genocidio), il governo iniziò ad attuare un sistema giudiziario di base a livello locale (noto come gacaca) per affrontare l’enorme arretrato di casi di genocidio.
Molti condannati, al posto della prigione, svolgono lavori di pubblica utilità, ma a causa dell’altissimo numero di carcerati, il governo è stato costretto al rilascio di migliaia di condannati.
Nel 2012, dopo oltre 10 anni dalle violenze e quasi 2 milioni di casi in attesa di giudizio, il gacaca ha concluso la valutazione dei casi di genocidio.
In generale, il Ruanda offre un clima piacevole durante tutto l’anno. Ad ogni modo, a motivo delle diverse altitudini del Paese, le temperature variano da regione a regione. A Kigali (la capitale) la temperatura media è di 21 gradi. Il Ruanda ha due stagioni delle piogge: da febbraio ad aprile e da novembre a gennaio.
Gli alimenti tradizionali della cucina ruandese comprendono banane, legumi, patate dolci, mais, manioca e patate.