Liberiamo i bimbi schiavi del lago Volta, in Ghana.
Lago Volta, Ghana: il lago artificiale più grande al mondo nutre ogni giorno migliaia di persone – ma la sua industria del pesce si erge sulle spalle dei bambini più deboli, vittime di lavoro minorile.
Da oltre 50 anni, il lago è fonte di vita per i villaggi nati sulle sue sponde: intere comunità si guadagnano da vivere sulle barche o nei mercati del pesce.
Ma migliaia di pescatori – anzi, bambini pescatori – non sono lì per scelta.
Per tre anni, Ebenezer lavorò ogni giorno sul lago – alzandosi prima dell’alba. Le sue spalle bruciavano dalla fatica, mentre le sue mani sanguinavano e si coprivano di calli.
Gli uomini che crearono il lago avevano annegato una foresta. Così, ogni volta che le reti si impigliavano ai rami degli alberi, Ebenezer era costretto a gettarsi nell’acqua per districarle. Mentre i suoi occhi bruciavano e il panico gli assaliva lo stomaco – Ebenezer pregava di poter riemergere e respirare di nuovo.
L’industria del pesce del lago Volta è fondamentale per l’economia del Ghana, ma vive sulle spalle dei bambini più poveri, la maggior parte dei quali ha meno di 10 anni. Svolgono lavori pericolosi e difficili, sono sottoposti a violenze e spesso non vengono neppure pagati.
I mesi trascorrevano ed Ebenezer, nella sua angoscia, pregò per la sua liberazione.
“A volte mi sedevo e pensavo al mio futuro”, racconta. “Volevo essere libero, ma non potevo. Pregavo che Dio mi aiutasse ad andarmene”. Leggi la sua storia
150 MILIONI DI BAMBINI tra 5 e 14 anni sono vittime del LAVORO MINORILE
4 BAMBINI SU 5, oltre a essere sfruttati, non percepiscono alcun salario
Oltre 115 MILIONI DI BAMBINI sono impiegati in LAVORI PERICOLOSI
Più del 50% di questi bambini lavorano OLTRE 9 ORE AL GIORNO
Fonti: ILO, Verite, The Guardian, UNICEF
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La tratta di esseri umani è illegale in Ghana. Ma sulle barche del lago Volta non c’è legge.
I bambini vengono picchiati a colpi di remi o frustati con corde e cavi elettrici. Molti vengono privati del sonno, soffrono di malnutrizione, sono vittime di ogni tipo di violenza sessuale e fisica.
Le loro testimonianze parlano di crimini inenarrabili. Vengono loro negate cure mediche, istruzione e riposo. Se cercano di fuggire, vanno incontro a morte o terribili torture.
Non c’è altra parola: sono schiavi.
Per tre anni Ebenezer lavorò sul lago Volta, per la cui creazione erano state distrutte le foreste circostanti. Gettava le reti e le risollevava fino a quando le sue spalle non bruciavano e le sue mani si tagliavano e sanguinavano.
“La tratta di bambini è un problema legato alla povertà”, spiega Henry Amanor, direttore del centro Compassion di New Ningo, la città d’origine di Ebenezer.
“Mettetevi nei panni delle famiglie: avete tre bambini che non vanno a scuola, non ci sono i soldi nemmeno per mangiare e qualcuno vi promette di far lavorare uno dei vostri figli, portarlo a scuola e dargli uno stipendio. Chi di voi rifiuterebbe questa offerta?”
Davanti a questa prospettiva, molti genitori “cedono” i propri figli per meno di 70 euro. I trafficanti promettono che i piccoli verranno portati a pochi chilometri, ma in realtà vengono caricati su furgoni che li conducono lontano, dove non potranno mai trovare la via di casa.
A centinaia di chilometri di distanza, Comfort, la nonna di Ebenezer, era preoccupata per la sorte di suoi nipoti. Non riusciva nemmeno a dormire.
“Una sera, prima di addormentarmi, pregai. A un tratto, un pensiero balzò nella mia mente: io non sono mai andata a scuola, non potevo permettere che anche i miei nipoti avessero fatto la stessa fine! Così, decisi di andarli a riprendere”, racconta Comfort.
Chiese aiuto ad Henry, direttore del centro Compassion locale. Henry le spiegò che Ebenezer e i suoi cugini potevano essere salvati grazie alla chiesa locale e al centro.
Carica di speranza, Comfort si avviò verso il lago con Henry. Il loro obiettivo, audace e rischioso, era liberare Ebenezer e i suoi cugini.
Una notte, la tempesta piombò sul lago. I ragazzi urlavano disperati, mentre le onde sballottavano la barca. Ebenezer era certo: se non fosse riuscito a tornare a riva, sarebbe morto. Si aggrappò al sedile di legno, accecato dalla pioggia e soffocato dalla paura.
All’improvviso, la prua si alzò verso il cielo. La barca si erse in alto come un cavallo imbizzarrito, fino allo schianto finale. Ebenezer si ritrovò nell’acqua. Intorno a lui, i suoi amici galleggiavano reggendosi ai relitti della barca, scalciando disperatamente per raggiungere la riva. Per miracolo i bambini riuscirono ad allontanarsi dall’acqua, scampando dalla morte.
La barca era distrutta.
Quando Comfort rintracciò il nipote, pianse. Grazie a Compassion e a Henry, Ebenezer era finalmente libero: “Da sola non sarei mai riuscita a riportare a casa questi bambini. Se fossero rimasti sul lago, delle loro vite non sarebbe rimasto più niente”.
In tre anni di barca, dopo migliaia di ore di lavoro e angoscia, Ebenezer aveva guadagnato meno di 50 euro.
Oggi Ebenezer sta frequentando gli ultimi anni di liceo e sogna di studiare ingegneria. Il trauma che ha subito non è facile da dimenticare. Dopo aver lasciato il lago, Ebenezer è stato iscritto al centro Compassion, nutrito dall’amore della nonna e della chiesa locale e incoraggiato dal suo sostenitore, Daniel.
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